Tra arte digitale e fotografia onirica. Intervista a Mattia Pannoni

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Giovane artista originario di Fornelli, in Molise, Mattia Pannoni usa il mezzo fotografico per generare suggestioni oniriche dal profondo contenuto concettuale.

Con un linguaggio visivo ricco di simbolismi e di elementi allegorici, nelle sue opere l’artista trascende la realtà per trasporla in una dimensione immaginaria, surreale, metafisica. I personaggi che popolano le sue visioni paiono in simbiosi con la natura in un universo altro, fuori dal tempo, capace di imprimere con forza il mistero e il fascino dell’ignoto.

Sperimentando da autodidatta, Mattia è stato in grado di costruirsi uno stile originale e riconoscibile a prima vista, che lo ha portato alla ribalta nel panorama internazionale dell’arte contemporanea.

Noi di Objects. lo abbiamo intervistato.


Alessia Cortese. Ciao Mattia, cosa vuol dire essere un artista digitale?

Mattia Pannoni. Ciao Alessia! Essere un artista digitale, secondo me, significa essere un artista a tutti gli effetti. Il digitale è soltanto un medium, questa è l’unica differenza. Invece di dipingere su una tela, un artista digitale potrebbe prediligere un iPad, così come uno scultore potrebbe creare arte utilizzando software 3D. Il messaggio che c’è dietro però, qualora ci fosse, è quello che poi accomuna un artista digitale a uno tradizionale. Secondo me scindere le due cose è ancora un retaggio del passato che pian piano, però, sta svanendo! Ovviamente il mondo della cryptoart e dell’arte digitale è una novità per la maggior parte delle persone, quindi è normale che sia così!

AC. Le tue fotografie sembrano frutto di un lungo ed elaborato processo creativo. È così?

MP. È proprio così, è questo il principale motivo per il quale la mia produzione artistica conta poche opere. Preferisco la qualità alla quantità. Credo che ogni opera racchiuda del vissuto dietro, ed è proprio per questo che ho sempre creato per esigenza e mai per noia o altro. Prima della realizzazione di un nuovo visual, amo creare strutture narrative nella mia testa, e soltanto dopo tanta ricerca, inizio a lavorare alla fotografia vera e propria. Quando vado a realizzare uno scatto, in realtà, l’opera è già viva nella mia testa. Di solito, per la realizzazione di una singola opera, ci vuole un mese o più.

AC. Nel tuo lavoro c’è un ricorso costante al legame tra Uomo e Natura. Ti va di raccontarci il perché?

MP. Da quando ne ho memoria, ho sempre desiderato essere nella natura. Quando entro in un bosco mi sembra di essere tornato a casa, ed è proprio questo profondo amore per la natura che informa la mia vita e la mia pratica artistica. Il mio sguardo è marcatamente emotivo, perché voglio portare lo spettatore ad avere un rapporto di intimità e riflessione nei confronti del nostro mondo. L’ uomo e la natura si fondono per ritrovare quell’armonia che da troppo tempo è stata spezzata, ed è proprio questo contatto il mezzo per ripristinare quell’equilibrio essenziale ormai perso.

AC. Quale tra le tue opere ritieni essere la più rappresentativa della tua poetica? E perché?

MP. L’opera più rappresentativa della mia poetica è “Utican”, il lavoro più importante che io abbia realizzato finora.

Il nome “Utican” si riferisce all’idea di essere un residente di Utica, un luogo immaginario nel quale ho trascorso molto tempo, basato sui ricordi d’infanzia che mi porto dentro. È una metafora di quel momento della vita che sappiamo non tornerà più. 

Utican è una realizzazione orgogliosa e celebrativa che ci invita a vivere nel presente e non soltanto nei ricordi, di quello che era il nostro mondo. L’opera ci dice che non siamo più residenti di Utica, quindi del nostro passato. Probabilmente rimarrà per sempre il mio masterpiece per molti motivi.

È stato il mio primo lavoro pubblicato su Super Rare, il marketplace più ambito nel mondo dell’arte digitale, che conta soltanto poche centinaia di artisti in tutto il mondo. È stato il lavoro che mi ha portato al centro del mondo, Times Square, e ricorderò per sempre quella sensazione. Ma soprattutto, è stata l’ultima opera che mio nonno ha potuto vedere.


“Utican” – Times Square, New York

AC. Lo scorso settembre una tua opera, “Utican”, è stata esposta sulle Maxi Billboards di Times Square, per Art Innovation Gallery, in occasione dell’ultima edizione di “The Armory Show”, la fiera d’arte moderna e contemporanea di New York. Un connubio perfetto tra esperienza fisica e mondo virtuale. Ci descriveresti quest’incredibile avventura americana?

MP. Mi piacerebbe aprire questa risposta con un messaggio che mi scrisse mio fratello il primo giorno dell’esibizione, che porterò per sempre nel cuore: “Su quei tabelloni di Times Square ricordavo le frequenti pubblicità di M&M’s e Coca Cola. Da oggi ricorderò anche Utican. L’opera di un’artista digitale, gigante. Mio fratello.” 

Penso che in un mondo abbellito dalla fotografia, Times Square sia il posto dove essere, il brivido da provare, anche se brucia rapidissimo come quello di un fiammifero che non si spegne mai.

Mi capita spesso di ripensare a quell’immenso tappeto di persone, culture, sogni, osservando il mondo che mi passava davanti realizzando ogni singola volta la stessa cosa: “se esiste un centro del mondo, è proprio questo.” Ricordo quell’esperienza come un momento che non volevo perdere, perché sapevo che non esisteva nulla di simile in tutto il mondo, perché se non lo avessi visto con i miei occhi, non ci avrei creduto. È stato semplicemente surreale.

AC. Dopo aver portato le tue opere a New York, Roma, Miami, Parigi, puoi svelarci qualcosa sui tuoi prossimi progetti espositivi?

MP. Non posso svelare più di tanto per il momento, ma una cosa posso dirla! Ad aprile avrò l’onore di esibire una delle mie opere presso NFT New York, il principale e più ambito evento annuale della community Nft e di arte digitale.  Un evento che celebrerà la diversità degli NFT in tanti settori, come arte, cinema, sostenibilità, sport etc.. Sarà fantastico!

AC. Cosa ti ha spinto ad intraprendere il tuo percorso di artista?

MP. L’ arte è sempre stata una componente importante della mia vita. Ho iniziato con dei disegni, degli schizzi, quando avevo poco più di dieci anni. Come tutti i bambini, facevo degli scarabocchi su fogli di carta. Erano naturalmente dei segni istintivi, non capivo l’importanza del disegno o della pittura, anzi, la conoscevo soltanto tramite i libri di storia dell’arte, sui quali io scarabocchiavo.

Nel corso degli anni però, crescendo, non ho mai abbandonato il mio lato creativo. Dopo aver frequentato il Liceo Artistico della mia città, sono andato a Roma per studiare Graphic Design. Ed è proprio durante gli anni di studio, che ho scoperto il mondo dell’arte digitale e degli nft. È stata l’esplosione di un mondo nuovo del quale mi sono letteralmente innamorato, circa due anni fa. Il resto lo conoscete..!

Foto Copyright | info: Mattia Pannoni – superrare.com@mattiapannoni

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Tag: Interviste, Mattia Pannoni.
Articolo di Alessia Cortese

Alessia Cortese

Fotografa freelance. Aspirante giramondo. Perdutamente innamorata di Max Ernst, Jane Austen e Georgia O'Keeffe. La musica è il mio pane quotidiano.

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