L’acrilica indefinibilità della Seed Cathedral di Thomas Heatherwick

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seed cathedral

Expo 2010, Shanghai, Cina. 250 paesi partecipanti con un’aspettativa di 70 milioni di visitatori. Un contesto particolare nel quale dover progettare, sia per la sua natura che per il suo scopo, dove non sorprende osservare quanto l’architettura diventi l’espediente di ogni nazione per emergere.

Non a caso, le linee guida del concorso indetto per la progettazione del padiglione della Gran Bretagna richiedevano che al termine dei sei mesi il progetto risultasse tra le cinque attrazioni più popolari, nonostante un budget ben al di sotto quello degli altri paesi.

Da questi presupposti, lo Studio di Thomas Heatherwick ha vinto con una proposta impostata sulla semplicità della chiarezza, con un padiglione che sin dal principio è stato accordato attraverso considerazioni profonde sulle possibili e reali interazioni proprie di un’esposizione universale.

Tra queste, la consapevolezza che molti visitatori avrebbero fatto esperienza del padiglione inglese solo dall’esterno e molti altri unicamente attraverso la televisione o internet. Esperienze diverse che lo Studio indaga e traduce in una unica intenzione: rendere il padiglione una manifestazione del suo stesso contenuto.

seed cathedral

Una grande ambizione progettuale, scontratasi inevitabilmente sul come realmente concretizzarsi con un budget limitato. Un vincolo che lo Studio piega al suo programma, destinandolo ad un’architettura più contenuta, ma con una sua dignità, attraverso un volume concepito come un punto focale raccolto da uno spazio pubblico che permetta ai visitatori di estraniarsi e respirare dal caotico contesto.

seed cathedral

Ma come rappresentare l’innovazione della Gran Bretagna contemporanea? Quale contenuto selezionare come valido contributo per il tema dell’Expo “better city, better life”?

Domande complicate che hanno trovato risposta a pochi kilometri da Londra nei Royal Botanic Gardens, sede di un centro scientifico di primo livello che custodisce i semi del 25% delle specie naturali conosciute all’uomo. Un patrimonio inestimabile e sconosciuto, che non aspettava occasione migliore per essere mostrato.

L’ambiziosità del mostrare e mostrarsi diventa così strumento del costruire attraverso l’audace esplorazione di nuove soluzioni architettoniche. Sembra dunque inverosimile che attraverso riferimenti come gli insetti intrappolati nella resina di Jurassic Park e la testa esplosiva di un giocattolo Play-Doh si sia giunti ad una soluzione capace di saldare la complessità del progetto, conferendogli allo stesso tempo uno straordinario scenico criterio.

Un volume che grazie a 60.000 filamenti di acrilico lunghi 7,5m acquista il più raro degli aspetti, l’indefinibilità, capace di annullare la cognizione di facciata e di texture, fondendo il padiglione con l’immaterialità del cielo e rendendolo un organismo simbiotico con il vento e la luce.

Luce che grazie alle proprietà del materiale acrilico viene raccolta dall’esterno e veicolata all’estremità interna, creando una gerarchica illuminazione dando priorità ai 250.000 semi esposti. Un elemento progettuale che non solo ha significativamente ridotto i costi, ma è diventato poi simbolo di unione tra la Gran Bretagna e la Cina attraverso la donazione dei filamenti alle rispettive scuole.

L’acconciatura acrilica lega così ogni domanda attraverso una risposta univoca che all’interno del padiglione si manifesta attraverso un ambiente dinamico che spinge l’osservatore alla scoperta del farne esperienza.

Uno spazio sospeso nel tempo, dove ogni apparato tecnologico è volutamente assente per lasciare posto ad un confortevole avvolgente silenzio, capace di esprimere lo straordinario fascino nascosto di semi che hanno salvato vite, risollevato economie e dato speranza a popoli lontani.

Con il suo Studio, Thomas Heatherwick ha mostrato la bellezza di un complesso e continuo connubio tra artificiale e naturale. Una cattedrale di semi che ora, più che mai, deve portarci a riflettere su quanto il nostro mondo ci ha dato e ha da darci ancora: una mano tesa che stiamo presuntuosamente ignorando.

Foto Copyright: Heatherwick Studio

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Articolo di Davide Maria Zema

Davide Maria Zema

Laureato in Architettura. Affascinato da chi taglia tele per ricercare l’infinito.

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