Una delle chiese più inaccessibili al mondo, Abuna Yemata in Etiopia
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Quando leggi le guide o lo guardi in fotografia non ti rendi conto della bellezza di questo luogo. E probabilmente non riuscirò nemmeno io a trasmettertela. Ma ti assicuro che visitare la chiesa Abuna Yemata Guh in Etiopia è stata una delle esperienze più belle della mia vita.
Senza nulla togliere alle chiese in se, Abuna Yemata non è una semplice chiesa, e l’esperienza non deriva tanto dalla sua architettura o dai suoi interni, ma dal cammino che bisogna fare per raggiungerla.
Abuna Yemata è una delle 120 chiese sparse nella regione del Tigrai lungo tutto il suo bellissimo paesaggio. Una distesa collinare che alterna in un modo meraviglioso dei tratti desertici a della vegetazione e a delle montagne. Uno spettacolo immenso e al tempo stesso purissimo e incontaminato. Quasi tutte queste chiese sono scavate nella roccia, alcune volte totalmente, alcune volte parzialmente, e molto spesso sono costruite in cima a delle montagne. Raggiungerle non è affatto semplice ed alcune di esse sono fuori dalla portata dei viaggiatori per via della mancanza totale di accessibilità oltre che per la difficoltà di scalata.
Queste chiese de tigrai sono state sconosciute al mondo per moltissimo tempo. Sono nel 1960 sono diventate note internazionalmente all’infuori della regione. Ancora poco si sa sulle loro origini e sulle tecniche di costruzione, la tradizione locale le collocherebbe tra il IV e il VI secolo, ma gli storici parlano di un periodo più vicino a noi che va dal IX al XV. Per quanto riguarda invece le loro posizioni remote e quasi inaccessibili, sulle cime dei monti che compongono il paesaggio del Tigrai, ci sono essenzialmente due spiegazioni. La prima è che più si va in alto, più si è vicini a Dio. La seconda è che probabilmente vennero costruite quasi nascoste per evitare le incursioni musulmane che ai tempi razziavano chiese e cristiani.

Per raggiungere Abuna Yemata occorre arrivare nei pressi in macchina (meglio se accompagnati da dei locali) e li, ai piedi di alcuni pinnacoli che si ergono per centinaia di metri, incominciare una salita di un’ora che parte da una scalinata mediamente impegnativa e via via intensifica la sua difficoltà fino a mettere a dura prova chiunque non sia uno scalatore esperto. Ci si ritrova letteralmente sospesi in mezzo al cielo tra due strapiombi di oltre 200 metri metri.




L’ultimissimo tratto raggiunge l’apice di questa esperienza. Una cengia stretta che si affaccia sul vuoto e che conduce al riparo nella chiesa che tra affreschi e un’edizione illustrata della Bibbia ti fa sentire in un altro mondo e in un’altra epoca. Anche perché sai di essere dentro ad un pinnacolo a centinaia di metri di altitudine.
Non esiste altro posto al mondo come questo. E per rendere ancora meglio l’idea, ecco un bellissimo video di Peter Keith.
A differenza della Chiesa di San Giorgio a Lalibela, di cui potete leggere il post qui, Abuna Yemata è sicuramente meno affascinante se guardiamo il solo elemento architettonico (anche se scavare nella roccia ad altitudini elevate rimane pur sempre qualcosa di unico), ma fuori di ogni dubbio risalta per l’esperienza. Per il cammino di avvicinamento e per la difficoltà che si ha nel raggiungerla. Difficoltà che viene totalmente ripagata. Anche perché nelle chiese rupestri del Tigrai, Abuna Yamata compresa, troverete pochissimi turisti, anche in alta stagione.
Foto copyright: Luca Onniboni