Ampliare nello spazio bidimensionale

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Lo studio d’architettura irlandese TAKA, fondato da Alice Casey e Cian Deegan, si contraddistingue per estensioni domestiche che mostrano una delicata sensibilità attraverso linearità armoniche indipendenti, ma radicate.

Segni colorati e materici coerenti con la pianta e gli alzati, capaci di creare personalità nell’ambiente che costruiscono come la St. James’ Terrace e la House 4.

Un approccio progettuale attento più agli aspetti sottili del quotidiano rispetto alle dinamiche urbane, ma non per questo meno complesso poiché in dovere di instaurarsi con intime pre-esistenze. Una sottrazione spaziale nell’equazione del progettare con il fine di instaurare un dialogo misurato tra l’architettura e l’uomo, utilizzando la tridimensionalità come risultato del rapporto biunivoco tra l’intenzione del segno e l’identità dello spazio.

Esempio di questo modus operandi è l’intervento di ristrutturazione puntuale di un appartamento della Waterloo Lane, una delle tipiche vie suburbane di Dublino contraddistinta dalla trasformazione degli edifici, un tempo ospitanti delle stalle, in unità unifamiliari strette e lunghe.

La ridotta sezione stradale ha inoltre causato l’integrazione del posto macchina all’interno delle unità residenziali, comprimendo lo spazio domestico e costringendolo ad un dialogo unilaterale.

Innesco di questa trasformazione è stata una superficie esterna adiacente la casa che ha permesso la conversione del garage in uno spazio cucina, aprendo così l’unilateralità dell’abitazione. Una soluzione che restituisce un senso di proporzione rispettando però il piano regolatore.

La sensibilità dell’intervento si manifesta nel trattamento dei bordi, spazi di soglia che lo Studio irlandese utilizza come forti puntualità progettuali per dare corpo al dialogo tra l’identità dello spazio e un nuovo segno.

Approcciando la casa dalla strada, la soglia pubblica si manifesta decisa per mezzo di uno schermo verde che apre e tutela il nuovo interno servendosi della profondità di un ritmo metallico. Un margine che nelle fioriere trova un coeso espediente per proiettare e legarsi in facciata con il giardino retrostante.

Un intimo eden, inquadrato da una nuova apertura che facendosi sostituta a due anonime porte cattura la dolce agitazione di un sole filtrato degli alberi. Alla base, trovano posto due piccole aperture, tracce della sartorialità di un segno che personifica un’intima e precisa volontà della committenza: avere una superficie esterna sulla quale spargere del mangime per poi nascondersi e osservare gli uccellini venire a mangiarlo.

All’esterno, un muro specchiato tampona un piccolo spazio coperto creando così un magazzino funzionale sia nella quotidianità domestica sia nella dilatazione spaziale del giardino, portando ancora più luce all’interno dell’abitazione.

Un verde risoluto si pone come traccia leggibile del segno progettuale attraverso salti di colore che legano le puntualità dell’intervento nello spazio. Aggiunte bidimensionali radicate nella tridimensionalità del trovato e del vissuto.

Un intervento che si mostra quindi nella sua realizzazione quasi facile e naturale, come i leggiadri movimenti di un atleta olimpico padroneggiati in ogni dettaglio più piccolo, ma che in realtà hanno richiesto una spossante ricerca della loro piena padronanza.

La medesima, e intima, padronanza di una sinfonia a quattro mani che ascolta e esprime nei margini il latente.

Foto Copyright: TAKA Architects

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Articolo di Davide Maria Zema

Davide Maria Zema

Laureato in Architettura. Affascinato da chi taglia tele per ricercare l’infinito.

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