Una sospensione congelata. La nuova vita a Zero K secondo Don DeLillo
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Tre anni e mezzo dopo Punto Omega, il monumentale scrittore newyorkese ritorna con un nuovo interrogativo sulla morte, una nuova presa di coscienza oltre la vita terrena.
Da qualche tempo, negli Stati Uniti decine di persone molto facoltose hanno scelto di cedere in punto di morte il proprio corpo alla crionica per preservarlo a -273,15°. La speranza un giorno che la medicina raggiunga un livello così avanzato tale da ripristinare le funzioni vitali degli esseri umani sottoposti a questo trattamento diventa sempre più concreta.
Questo il punto di partenza della visione di DeLillo il quale rinnova il confronto con la paura della morte e l’abbandono, un filo rosso mai perso con Rumore bianco, grande capolavoro scritto a metà degli anni ’80.
La ricchezza come preludio al risveglio, una visione apocalittica necessaria per tracciare un futuro che sembra non essere così lontano. Non si parla di anima e non ci sono artifici mistici, questa volta è la vita eterna del corpo, un desiderio fisico che salva l’uomo dalla scomparsa permanente.
DeLillo apre a un nuovo scenario: non solo le persone condannate dalla malattia sceglieranno questo percorso, ma anche chi coscientemente ritiene di aver finito il proprio tempo sulla terra. Un suicidio permeato dallo slancio vitale, la morte diventa occasione di proiezione, non di cesura.
Una componente di finzione poetica accompagnata dal meraviglioso avanzamento della scienza, quindi non fantascienza, ma fanta-scienza.
Per rispondere alle domande sulla mancata assegnazione del Nobel Don DeLillo canta la prima strofa di Mr Tambourine man e tace ogni polemica consegnando alla storia della letteratura americana un altro imprescindibile tassello.
Tutto questo è Zero K, uno dei libri più riusciti dai tempi di Underworld.