Sull’arte africana contemporanea, le sculture senza volto di Yinka Shonibare
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Yinka Shonibare, inglese di origini nigeriane, classe 1962, è uno degli artisti più in vista della Britart, reclamato da gallerie autorevoli e musei di tutto il mondo, ha esposto, tra le altre, alla Biennale di Venezia.
Le opere di Shonibare, caratterizzate da un’estetica potente e da uno stile unico, teatrale e sardonico, delineano in maniera inedita il volto di un continente, quello africano, per secoli schiavizzato e privato della sua storia identitaria, sono un’energica presa di posizione verso le ingiustizie e le disuguaglianze sociali, raccontano e indagano i temi di black identity, di colonialismo e di post-colonialismo nell’epoca della globalizzazione.
Per vestire le sue istrioniche sculture senza volto, molte delle quali hanno un mappamondo al posto della testa, che l’artista anglo-nigeriano ha commissionato alla famosa fabbrica londinese Belleby & Co.Globemaker, Shonibare impiega i wax fabrics, stoffe multicolor derivate dai batik indonesiani, diventati simbolo dell’identità e dell’indipendenza dell’Africa tra gli anni sessanta e settanta, e li decontestualizza confezionando abiti in stile occidentale che rimandano all’epoca vittoriana.
Tessuti a stampe policrome, balze opulente e merletti, tratto distintivo del suo fare artistico, si fanno intreccio metaforico di due mondi agli antipodi, l’Africa e l’Europa, così diversi, eppure legati da uno lungo avvicendarsi di dominazioni e oppressioni, abusi e migrazioni, di resistenza e di ribellione.
Tra le sue installazioni, “The Last Supper”, esposta nel 2013 alla Stephen Friedman Gallery di Londra, remake dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, è un tableau di grande potere evocativo, un banchetto luculliano, parodia della civiltà occidentale, imperialista e bramosa di ricchezza.
Foto Copyright: Yinka Shonibare – yinkashonibare.com