Oggi scrivo di me, di Stefania Antonelli
Lifeobjects • Culture

Trovo molto difficile cominciare una storia partendo dall’immaginazione. L’ispirazione, o lampo di genio, mi arriva molto raramente. Il più delle volte è una battaglia con la mia testa: la voglia di raccontare è lì, a un passo, ma la strada per arrivarci è piuttosto tortuosa. Così lascio perdere e poi mi pento poi ci ripenso e ci riprovo ma alla fine mollo. La storia e i protagonisti giusti arriveranno, mi dico, inutile sforzarsi a scrivere su impressioni, parole e sentimenti che poi, quasi certamente, non interesseranno a nessuno.
Poi però ci ricasco. C’è qualcosa che mi sale da dentro e arriva fino alla punta delle dita. La conosco, la riconosco, è come una calamita avvicinata alla porta di un frigorifero: la puoi tenere lontana ma lei là vorrà attaccarsi. Così cedo. E riprendo la penna e riapro il mio quaderno e mi rimetto a scrivere.
Di cosa? Non lo so. Allora provo a chiedermi se forse capita anche ad altri: avere una passione che ti scava dentro, un’ossessione creativa che senti come un bisogno, quell’idea di sapere che se mai, nella vita, ti sentirai mentalmente appagato…sarà quando quel cerchio di sforzi e desiderio si chiuderà e la smetterà di essere una pozzanghera sfuocata, senza capo né coda.
Come si fa? La perseveranza è sufficiente? Spero di sì. Ogni qualvolta mi si ripresenta l’occasione mi rimetto a scrivere. Sperimento e cerco di scegliere qualcosa che mi venga facile o perlomeno che, all’idea, mi entusiasmi. Il primo ostacolo è la scelta del soggetto: come un pittore davanti a una tela bianca, uno scultore davanti a un pezzo di marmo. Se non hai in mente dove vuoi arrivare, difficilmente ti andrà bene. L’arte centra poco con la fortuna, ancora meno con i tentativi fortuiti. Per questo preferisco avere pazienza, aspettare che nella mia testa appaia almeno la bozza di una figura, le prime due battute di un discorso o, ancora meglio, che siano le mie orecchie a captare brandelli di storie, frasi a mezz’aria sentite passando tra la gente in una piazza, pezzi di litigi che arrivano da una finestra aperta sul cortile, voci di donna, voci al telefono, racconti di amici. Storie.
Quando mi hanno proposto di pubblicare qualcosa su Objects le mie riflessioni erano giunte a questo punto. L’eterno dilemma sull’ispirazione, sulla quête letteraria che non trova pace, sul sentirsi all’altezza di scrivere un racconto chiamato tale e sulla paura di fallire perché non si è mai scrittori fin quando non sono gli altri a dirlo. Poi, ieri sera, mentre ero in doccia e annaspavo in una specie di sauna naturale, il vapore, passando dalle mie narici storte e tra le mie riflessioni contorte, deve avermi alleggerito il cervello. “Calma” mi sono detta “provarci non ti costa nulla e, anche se non hai una storia interessante da raccontare, una di quelle vicende entusiasmanti che a leggerle sembrano farti a pezzetti il cuore, guarda il mondo per quello che è. Una materia brulicante di volti, un misto melmoso di bellezza e brutalità, una colata lavica di personaggi che portano con sé connessioni, viaggi, esperienze, vergogne, successi, amori. Allora perché non partire da quello che c’è e che per primo appare? Guardare l’umanità non cercando per forza pieghe complesse ma descriverla nel suo connubio di follia e normalità e capirla. Così com’è.
Questa rubrica si intitolerà Ritratti e parlerà di noi, dei caratteri, delle persone e della molteplicità dei casi umani reali e fittizi che, come lampi, schegge a volte come pietre, cascate, vertigine sono passati, rimasti o fuggiti dalla mia vita.
Che sia un successo o un sasso buttato nell’acqua poco importa. Quello che mi preme è avere uno spazio dove fare ciò che mi piace.
Scrivere di noi.