Antonio Ligabue e l’esplosione del colore
Artobjects • Paintings

A Roma, fino all’8 gennaio 2017 presso il Complesso del Vittoriano-Ala Abarsini è possibile visitare la mostra dedicata all’artista e pittore Antonio Ligabue.
Molte delle opere esposte fanno parte di collezioni private, ma gran parte della sua opera pittorica è conservata a Gualtieri (RE) e pertanto facilmente visitabile anche al termine dell’esposizione.
Il senso dell’opera pittorica di Antonio Ligabue (Laccabue) è molto complesso e nasce dalla ferita profonda di un uomo abbandonato e mai amato.
Definirlo un artista naif è alquanto riduttivo sebbene molti tratti e caratteristiche della sua pittura siano affini a questo stile, come ad esempio la mancata cultura artistico pittorica, ma totalmente autodidatta.
Nato in Svizzera e poi da lì sdradicato, Antonio Ligabue arriva in Italia e inizia la sua vita come agricoltore a Gualtieri in provincia di Reggio Emilia. Nel 1920 inizia a dipingere e nel 1928 incontra Renato Marino Mazzacurati, che crede nel suo talento insegnandogli l’uso dei colori ad olio e supportandolo nella presa di consapevolezza della forte creatività artistico-pittorica.


Isolato e deriso per il suo aspetto fisico e per le modeste condizioni economiche, vive in campagna in solitudine, osservando gli animali e ritraendo la natura, soprattutto attraverso l’utilizzo dei colori.
Padrone nel disegno e nella scultura rappresenta gli animali in modo altamente dettagliato, facendo rivivere le caratteristiche peculiari del soggetto ritratto.
I suoi animali preferiti sono la tigre, il leopardo e l’aquila che raffigura non solo come cacciatori, ma anche come prede.
Nell’opera dell’artista, infatti, è evidente il senso della sofferenza, della sopraffazione da parte del più forte e della necessità di dover lottare per vivere e per procurarsi del cibo.


Tale sofferenza e lotta per la vita sono attenuate attraverso l’uso di colori vivi e caldi. Incantevoli, infatti, sono i paesaggi campestri raffiguranti scene di vita quotidiana, in cui l’azzurro e il celeste del cielo (richiamo quasi all’opera di Van Ghog), trasmettono un senso di apertura alla vita, a una dimensione superiore capace di lenire le sofferenze terrene e infondendo un forte senso di serenità allo spettatore.
Profondi e totalmente introspettivi sono inoltre gli autoritratti, in cui Ligabue si rappresenta a tutto tondo, in tutto il suo realismo. La peculiarità è rappresentata dallo sguardo dell’artista, che non è mai diretto verso lo spettatore, ma lateralmente, in cerca di qualcosa, di attenzione, di qualcuno che lo possa amare.
Un’opera unica, dunque, capace di rappresentare attraverso i colori forti del post-espressionismo un urlo alla vita e la necessità di sopravvivere nonostante tutto.
Foto Copyright: Bruna Giordano





