Periscope Town. Il futuro è già iniziato, e si costruisce sui resti del passato
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Nell’immaginario collettivo, Tokyo è la città che per eccellenza rappresenta il vorticoso periscopio di passato, presente e futuro, tra antichi templi buddisti e treni ad alta velocità, tra immensi centri commerciali e giardini giapponesi, tra negozi di elettronica e botteghe dagli interni in legno, tra schermi con le nuove star della musica giovanile ai personaggi dei fumetti della nostra infanzia.
Per questo Tokyo affascina ed ha affascinato generazioni di artisti, di architetti, di designer e di curiosi, che hanno tentato di inquadrare e di inquadrarsi in una città al tempo stesso per tutti e per nessuno, le cui scenografie hanno saputo ispirare Ridley Scott per le alienanti scenografie di Bladerunner e la sua storia centinaia di romanzi di imperi e samurai.
Ma Tokyo è rappresentazione soprattutto di una complessità umana che non sa conciliarsi, che non trova una sua uniformità e che rimane sospesa, frammentata, multiforme e multicolore.
La domenica, coppie vestite in kimono camminano felici tra punk con borchie sulle ginocchia e giovani impiegati in camicia persino nel week-end. Un MacDonald fiancheggia un’affollata bottega di tipica cucina locale, dove il proprietario chiacchiera con gli avventori, seduti sugli sgabelli del bancone, e quelli in attesa sul marciapiede.

Tokyo è un agglomerato urbano di oltre 13 milioni e mezzo di persone, esteso su una superficie di 2.188 km quadrati.
Eppure, ogni quartiere, se così si possono chiamare gli enormi distretti in cui è suddivisa, presenta le sue tipicità, ancor più evidenti che nelle grandi metropoli nordamericane o negli immensi centri urbani del Sud-est asiatico.
Qui una peculiare forma di settorializzazione porta un quartiere come Akihabara (anche noto come Electric Town) a devolversi pressoché interamente a commercio di prodotti tecnologici, attrazioni per nerd e maid-café con relative cameriere che paiono uscite da un fumetto, ma a una sola fermata di metro, nel quartiere adiacente, ci vediamo circondare da austeri edifici istituzionali che costeggiano il palazzo imperiale e impettiti corridori della domenica si accostano e si superano educatamente su un perfetto tappeto erboso.

Poco distante, l’elegante Ginza: qui le grandi marche dell’alta moda e della tecnologia non possono esimersi dal sistemare una vetrina della propria presenza nell’eden del mercato del lusso.
Al di là del fiume, a sud del centro, il quartiere-ghetto degli occidentali, Roppongi dei locali notturni e dei grandi centri commerciali, ma certo non è da meno Shibuya con i suoi immensi grattacieli che ospitano uffici, ristoranti, Starbucks coffee, librerie e locali per il divertimento.
Ed ancora, appena più a nord, superato l’immenso parco di Yoyogi, ecco affacciarsi il quartiere della sera, Shinjuku, con i suoi locali, ristoranti, sushi bar, café e pub, in un alternarsi di infrastrutture e costruzioni urbane futuristiche e di piccoli edifici dimenticati dal tempo, in cui trovano spazio case e taverne tipiche, perdendosi nelle intricate vie del quartiere, finché si smorzano le psichedeliche luci ed i suoni del più caotico tra i quartieri di Tokyo e si sprofonda in un silenzio quasi surreale, quasi a misura d’uomo.
Tutto sommato, questa città così lontana, così esotica, in qualche modo ci sembra più vicina di quanto non voglia apparire. Contiene, nell’immenso reticolato che si perde sotto il nostro sguardo finché il cielo e lo smog non lo nascondono, pezzi sparsi, disordinati della storia di tutti noi.
Tokyo è le sfaccettature della nostra anima, che cercano di trovare un ordine tra un passato troppo pesante e un futuro troppo veloce, che si trasforma, si entusiasma, esagera, ma poi si coccola in un caldo ramen, si ritrova in una preghiera nel tempio, si emoziona di fronte ad un ciliegio in fiore.



Foto Copyright: Giulia