Perfezioni provvisorie: Col nome di un fiore, di Mirtha

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Erano le tre e quarantacinque della mattina. Avevano appena finito di fare uno strano sesso in una posizione assurda; lui aveva la schiena totalmente ustionata dall’insolazione del giorno precedente. Le aveva baciato l’orecchio – dio- e poi si era voltato. Sul fianco ovviamente.
Fu esattamente così che lei imparò a stare sola.
La solitudine che si prova in un letto singolo condiviso è una delle più profonde.
Quando si è soli la solitudine non è così amara.
Aveva il rossetto sbavato e non trovava le mutande.
Voleva uscire e andarsene da quel posto, lo voleva ogni volta. E ogni volta dimenticava qualsiasi cosa pur di tornare. Si attaccava al telefono nell’affanno di sapere. Dove. Come. Quando.
Scese dal letto. Col piede urtò un bicchiere pieno di sigarette spente, che oscillò quattro secondi lasciandola in uno stato di attesa e torpore. Se cade esco da qua e non torno più.
Non cadde.
Ventuno minuti di doccia come se bastassero a far andar via la fatica. Si passò una mano stanca sulla faccia e la barba sfatta da giorni.
La cercò dopo essersi puntigliosamente analizzato un neo che compariva tra il naso perfetto e l’occhio.
Era sul balcone con Blu che le appoggiava il muso alla coscia perfetta.
Margherita odiava i cani, ma quello in particolare se lo teneva stretto come fosse suo.
Aveva ancora il rossetto sbavato e il mascara sparso a caso sulla faccia. Non era precisamente bella.
E lui precisamente non l’amava.
Era una di quelle che a prima vista presenteresti a tua madre. Così gliel’aveva presentata. Poi l’aveva vista ballare. E aveva deciso che forse non andava presentata al padre. Ma alla fine l’aveva presentata anche a lui.
Stava avviluppata su se stessa per non farsi scrutare, come se lui non l’avesse già vista dentro.
Sapeva cosa pensava, cosa non diceva, cosa non voleva. Sapeva che odiava l’aceto.
A lui non serviva amarla perché sapeva che nessuno l’avrebbe mai vista così bene. Quindi non l’amava.
Però preparò una camomilla. E la costrinse a berla. Era sempre più magra. Partire le avrebbe fatto bene. Decisamente.
Si guardarono per cinquecento secondi almeno e non dissero nulla perché lei sapeva che non aveva bisogno di parlare.
Aveva le ciglia bagnate.
Il mascara stava sempre peggio, il rossetto l’aveva mangiato con la camomilla. Si passò una mano sulla fronte e chiese vuoi dormire.
No. Voglio scopare sul balcone.
Era luglio. Era bello.

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Tag: Perfezioni provvisorie.
Articolo di Mirtha

Mirtha

Non siamo mai più fedeli a noi stessi di quando siamo incoerenti.

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