La dissoluzione poetica negli autoritratti di Francesca Woodman
Artobjects • Photography

Francesca Woodman è stata una fotografa statunitense tristemente nota per essersi suicidata a soli 22 anni, lasciando però moltissimi scatti che ci parlano di delicatezza, di presenza e assenza, di fusione, di impronta, di riflessi mancati.
Si tratta soprattutto di autoritratti, nei quali il suo corpo morbido e vivo è inserito in interni decomposti, abbandonati. Colpisce subito la conflagrazione tra la vitalità mancata del suo corpo e le mura sbrecciate, l’intonaco scrostato, la polvere che ricopre pavimenti inutilizzati. Grazie all’uso di esposizioni lunghe, si ritrae sempre sfuocata, nebulizzata, quasi in completa fusione con l’ambiente.
Sembra volersi incistare nelle mura, ora ricoprendosi il corpo con la carta da parati, ora cercando di compenetrarsi con un camino semi distrutto. Si nasconde dietro specchi che riflettono il vuoto, diventa impronta di se stessa con la sagoma del suo corpo impressa su un pavimento sporco.
La qualità lirica dei suoi scatti risiede nell’esprimere la sua interiorità usando quello che in poesia si chiama “correlativo oggettivo”: ancorandosi alle manifestazioni concrete della realtà, vuole evocare qualcosa di intangibile, così come la Waste Land arida e rocciosa di Eliot è espressione della desolazione tipica dell’uomo moderno.

La presenza di Francesca Woodman è effimera, visionaria come l’apparizione di un fantasma, sfuocata, intravista, mascherata. Come se la sua esistenza stessa si manifestasse in un brevissimo attimo, per poi sfuggire, dissolversi. E la macchina fotografica riesce a catturare solo la sfuocatura, il millesimo di secondo in cui è esistita dentro a quegli interni sporchi e devastati dal tempo.
Il correlativo oggettivo entra in fotografia quando Francesca cerca di concretarsi entrando in uno stato di fusione con gli oggetti e il contesto, che meglio del suo stesso corpo riescono a descrivere chi sia veramente.
La sua interiorità si manifesta attraverso la desolazione di quella stanza vuota, la distruzione di una casa disabitata, la rovina dell’abbandono. Lei stessa è quel vuoto polveroso, quella perdita, quell’impronta, quel riflesso mancato.
La ricercata geometria instabile e provvisoria delle sue composizioni crea un’atmosfera di bellezza dolente, armonica, come se il tempo della dissoluzione non privasse di vita quei luoghi interiori, quel corpo in movimento, irrequieto e polverizzato.





Foto Copyright: Francesca Woodman – artnet.com