Una selezione delle case più belle del mondo di ieri e di oggi. 4/4

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Cinque case d’artista, o meglio dire d’architetto, per viaggiare con l’immaginazione verso luoghi esotici e lontani, all’interno di queste dimore che hanno fatto la storia dell’architettura.

L’ultima tappa di questo viaggio alla scoperta dell’architettura, a spasso per il mondo, ci porta vicino al cuore della terra. I cinque architetti che verranno raccontati di seguito utilizzano proprio la terra come elemento costruttivo per l’architettura, plasmano le rocce come sculture per impreziosire lo spazio. Il paesaggio, che fa da sfondo, viene valorizzato come se facesse parte dell’intera scenografia.


Bynya House di Peter Muller – Palm Beach, Sydney, Australia

Peter Muller è stato uno degli architetti australiani più influenti della sua contemporaneità, ispirandosi al modello di Frank Lloyd Wright, ha progettato numerose residenze in comunione con il paesaggio. Fra queste, nel 1954, realizza la Bynya House, per lui e la sua famiglia, identificando nella casa stessa anche il centro del suo lavoro.

Il luogo è stato infatti generatore e ideatore di forme e volumi, non tanto obbligando l’architettura ad adattarsi ad esso ma piuttosto fornendo veri e propri elementi architettonici naturali. Muller infatti, attraverso una stratificazione di piani, non si fece scrupoli ad inglobare all’interno dell’architettura gli elementi naturali come ammassi rocciosi, alberi e frammenti di terra.

La spettacolarità di questa architettura risiede nella sua posizione, che vista dalla strada, a un livello superiore rispetto alla casa stessa, sembra fluttuare nel paesaggio, sospesa all’interno di una dimensione naturale senza tempo. La piscina e l’ampia terrazza, fra le rocce, invitano lo sguardo verso la baia. Muller ha prediletto le murature portanti per le zone di servizio riservando ampie vetrate e una vista totale sulla natura per la zona giorno e per quella di rappresentanza.  E’ proprio questa area della casa che è impreziosita dall’incombenza della natura, la roccia infatti invade gli spazi, e scultorea, domina la scena creando un armonico contrasto con la geometria dei piani e delle pareti.

La zona notte più riservata dialoga anch’essa a suo modo con l’esterno attraverso ampie vetrate e un contatto diretto con la roccia. La forte relazione con il luogo è riscontrabile anche nei materiali autoctoni che l’architetto utilizza, a partire proprio dal legno che disegna gli spessori e i piani orizzontali dell’architettura.

Frey House II di Albert Frey – Palm Springs, California

Nel 1964, l’architetto Albert Frey, che visse e lavorò tutta la vita a Palm Springs, realizzò la sua seconda residenza, la Frey House II su una semi altura in prossimità di Tahquitz Canyon Way. Un luogo non casuale ma scelto e studiato a lungo dall’architetto, che predilì una posizione rialzata rispetto alla valle, per cogliere nella sua totalità il movimento del sole durante l’arco della giornata.

Definita dalla storia dell’architettura come un vero e proprio landmark, fra sabbia e roccia, la Frey House è una piccola architettura, compatta, poco invasiva, in comunione con la natura. Tendenza di quegli anni e degli architetti di quel tempo fu l’utilizzo di strutture leggere, in acciaio, colorato, e vetro. Le ampie vetrate infatti, completamente apribili, fanno da veri e propri confini per la casa, risultando dunque un continuum fra interno ed esterno. Unico elemento di chiusura risulta essere la tenda gialla, apribile per tutta la lunghezza della casa, che richiama il colore dei fiori del deserto, gli Encilla flowers.

Anche la copertura, in alluminio sagomato, è stata studiata per trattenere il calore del sole, disperdendolo durante tutto l’arco della giornata. La leggerezza e la flessibilità delle strutture permette una vista a 360° sulla valle, oggi famosa per il Coachella Festival, e sulla piscina smeraldo che domina la terrazza.

Anche in questo caso la casa è disposta su più livelli, il primo dedicato allo studio e alla dining room, mentre il piano inferiore, al livello della piscina, è dedicato alla sitting room e alla camera da letto. Interessante e preziosa la scelta degli arredi, disegnati da Frey su misura, che si completano con la roccia che entra prorompente, dividendo l’area conversazione dalla zona notte.

Oggi la villa è visitabile e fa parte dei monumenti e delle architettura simbolo di Palm Springs.

Casa Rotonda di Cini Boeri – Punta Cannone, La Maddalena, Sardegna

La Casa Rotonda, che risale al 1966, è un piccolo gioiello, tutto italiano, incastonato fra la roccia dell’Isola della Maddalena, in Sardegna. In quel punto infatti le rocce sembrano accogliere, per la loro conformazione, questo piccolo nido, circolare che si avvolge su stesso fra un masso e l’altro.

La casa si trova poco sopra il livello del mare, in bilico fra l’acqua e la terra, difficilmente raggiungibile e per questo ancora più affascinante. Lo sviluppo anulare della Casa Rotonda svela al centro un patio, a cielo aperto, protetto dagli ambienti della casa stessa, dai venti che animano l’isola.

Il patio, bianco, candido, assorbe e attrae la luce del sole, che penetra tra le pareti inondando gli ambienti interni di luce calda. Funge inoltre da cuore separatore fra l’area dedicata al nucleo familiare e l’area destinata, invece, agli ospiti. Se il patio centrale è bianco e attrae l’attenzione, il resto della casa è intonacato dello stesso colore della roccia, locale, suggerendo una sorta di mimetizzazione. La residenza risulta infatti perfettamente visibile dal mare, e altrettanto invisibile da terra. Simula, inoltre, nelle intenzioni e nella poetica, le costruzioni tipiche della cultura sarda, i nuraghe, chiusi su se stessi in segno di protezione, e mimetici nei materiali e nelle forme.

Uno degli elementi che infatti contraddistingue il progetto della Boeri è lo studio attento e modulare delle aperture, che si identificano come dei tagli lunghi e stretti, alle volte verticali e alle volte orizzontali, che inquadrano in maniera puntuale gli elementi interessanti del paesaggio, come i bunker, abbandonati, che animano quelle terre.

Sheats-Goldstein Residence di John Lautner – Los Angeles, California

Lautner, allievo e seguace di Frank Lloyd Wright, che pare imporsi come presenza costante per tutti questi capolavori di architettura oltre oceano, progetta per Helen e Paul Sheats, nel 1963, una delle più prestigiose e ancora oggi iconiche residenze della città. Acquistata nel 1972 da James Goldstein la residenza subirà un continuo mutamento e rinnovamento stilistico, complice anche lo stesso Lautner, che sigillerà per sempre una produttiva collaborazione, e amicizia, fra architetto e committente.

Si tratta non solo di un’architettura, ma di un vero e proprio manifesto alla bellezza, all’arte, all’architettura stessa e alla materia. La residenza è disegnata da Lautner utilizzando delle linee spezzate, inclinate e non, che si intersecano l’una con l’altra, generando un unico ambiente fra interno ed esterno. Per esterno tutta via si fa riferimento alla città intera di Los Angeles, che ai piedi della Sheats-Glodstein Residence, sembra quasi inchinarsi ad essa.

Cuore della residenza è senza dubbio la zona giorno, vetrata, senza infissi, e aperta sulla vegetazione e sulla piscina che affaccia sulla città: la particolarità di questo ambiente è il suo soffitto, in calcestruzzo materico, a cassettoni triangolari. Il calcestruzzo è il protagonista di questa eclettica residenza, tanto da disegnare non solo pavimenti e soffitti ma anche gli arredi stessi, fissi, che emergono come se fossero delle isole, squadrate, scultoree.

La casa effettivamente sembra una scultura contemporanea, generata da piani inclinati possenti, che aleggiano nel vuoto, sorretti dalla vegetazione, che attraverso una serie di giochi e riflessi, entra in casa. La maggior parte dell’architettura infatti è dotata di pareti vetrate, in alcuni casi costituite da pannelli retrattili che permettono l’intimità.

A sbalzo sulla città di Los Angeles e sull’Oceano, la residenza offre una vista infinita e totale del panorama, incorniciata dalle numerose specie di piante tropicali che Goldstein ha commissionato per l’intera tenuta, ben quattro acri di giardino, scale, percorsi e specchi d’acqua che immergono gli ospiti all’interno di un vero e proprio paesaggio tropicale.

Oggi la tenuta, oltre all’architettura progettata da John Lautner, include anche un campo da tennis panoramico, l’opera Above the Sky dell’artista contemporaneo James Turrel e il Club James. Nonostante la morte dell’architetto, Mr. Goldstein continua nella ricerca della perfezione della sua casa, accogliendo i visitatori e raccontandola, ogni volta, per farne fonte di ispirazione per architetti e designer. Di sicuro un’opera eclettica ma di gran lunga unica.

Circular Sun House di Frank Lloyd Wright – Phoenix, Arizona

La Circular Sun House è un’opera significativa, simbolo della fine di un percorso, progettata dal maestro che ha ispirato moltissime delle architetture che fra gli anni 50 e gli anni 70 hanno dominato la scena architettonica, non solo americana, ma anche mondiale. Frank Lloyd Wright, prima della sua morte, nel 1959 progetta questa residenza nel parco Phoenix Mountains Preserve in Arizona. Verrà realizzata nel 1967 da John Rattenbury, allievo del maestro.

Un miraggio curvilineo e circolare, fra la terra aspra della regione, incastonato su un’altura e rivolto verso la Paradise Valley. Un piccolo angolo di paradiso, dal design futuristico, fra i canyon dell’Arizona.

Cemento intonacato dello stesso colore della terra, quasi per confondersi con essa, che assume andamenti sinuosi e che disegna, su più livelli, un gioco di incastri, fra cerchi e semicerchi. Questi quasi come fossero dei dischi volanti si sovrappongono l’uno all’altro. Il diametro delle circonferenze varia a seconda della tipologia di ambiente che ospitano, la più grande è quella, che per assurdo, contiene un vuoto.

Il vuoto in questione ottiene importanza e rilevanza, non solo a causa della dimensione privilegiata, ma per l’equilibrio con cui viene disegnato: ospita al suo interno una piscina a mezza luna, vero gioiello della residenza, ricoperta da piastrelle di madreperla, accessibile dal patio, circondata da un muro di cinta disegnato da piccole aperture circolari che permettono suggestivi scorci sulla vallata.

Sembra quasi di guardare il mondo da un luogo senza tempo, che parla di presente e di futuro insieme, che ricongiunge l’uomo alla natura.

Se dalla terrazza la vista sul paesaggio è canalizzata all’interno di queste piccole aperture, nella living room, e nella camera padronale, la vista si apre per messo delle vetrate, infinite, che percorrono tutto il perimetro.

La villa si compone di tre camere da letto, una grande living room, una cucina e uno studio. Sia le ampie vetrate che gli interni sono sagomati seguendo le curve dell’architettura, creando nella loro unicità, degli ambienti su misura, irripetibili. Gli arredi, disegnati dall’architetto, appositamente per la Circular Sun House, sono preziose opere d’arte, che si adattano perfettamente ai volumi, lasciando spazio al paesaggio circostante che entra in maniera scenografica all’interno della villa.

Questa, spettacolare, casa rappresenta il culmine della ricerca stilistica e architettonica di Wright che si ricongiunge alla natura in maniera organica e mutevole.


Giunti alla fine di questo viaggio, che ha toccato numerosi paesi e numerose realtà, le venti residenze che sono state proposte hanno in comune moltissime sfaccettature, ma più di tutte il tempo.

Gli anni del dopo guerra fino al 1970, circa, sono stati determinanti e hanno generato esempi meravigliosi, alle volte curiosi, di architetture, ancora, attuali. Chi non vorrebbe vivere, anche solo un giorno della propria vita o di questa quarantena, in una di queste dimore?

E allora è proprio vero che, tutte queste architetture, sono riuscite nell’intento di sfidare il tempo, di percorrerlo e arrivare fino ai nostri giorni, intatte nella loro poetica, ancora attuali e fonte di ispirazione. La selezione, che è stata fatta, è volta a suscitare l’interesse e la curiosità per architetti ed architetture che spesso non vengono citati, o studiati sui libri, ma che meritano la nostra attenzione.

Le venti case d’autore terminano con un’opera significativa, poco conosciuta, che chiude questo lungo viaggio proprio con la figura di Frank Lloyd Wright, maestro indiscusso dell’architettura del XX secolo, anticipatore di tempi e guida luminosa, ancora oggi.

Foto Copyright: Palm House, Michael Nicholson – Frey House, Simple Flair e Bethany Nauert – Casa Rotonda, Paolo Rosselli e Jacopo Faggioni – Goldstein Residence,  Jeff Green e Simple Flair – Sun House,  Delia Johnson e NSS Magazine

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Tag: Case più belle del mondo.
Articolo di Francesca Longoni

Francesca Longoni

Giovane architetto d'interni. Attenta al mondo che mi circonda, in cerca di bellezza

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