L’arte come espressione dell’anima. Intervista a Silvia Ottobrini
Artobjects • Paintings
Silvia Ottobrini reifica la memoria con la voce dell’anima. Nell’opera intimistica dell’artista originaria di Sestri Levante, l’apparente incoerenza tra reale e immaginario, tra carnale e spirituale, si risolve attraverso l’oggetto artistico, che diviene personificazione dell’invisibile, espressione dell’essere o dell’inadeguatezza dell’essere al mondo. La materia sussurra “storie di vita, e di vite passate”.
L’essenza purissima della Ottobrini fiorisce nell’inquietudine sublime dell’atto estetico, nella manipolazione della ceramica, nei ritratti a carboncino e nelle installazioni dal sapore gotico, realizzate con bamboline di epoca vittoriana, che Silvia compone con fantasia viva e cura carezzevole.
Abbiamo incontrato Silvia Ottobrini durante l’edizione 2020 di Paratissima, ecco cosa ci ha raccontato.
Alessia Cortese. Ciao Silvia. Partiamo subito con il tuo ultimo progetto, in.dolore, in mostra a Torino, negli spazi di Paratissima Art Station. Qual è il significato di questo titolo?
Silvia Ottobrini. Ciao Alessia, ho volutamente scelto questa espressione, perché vorrei che “in.dolore” fosse una mostra da vivere e interpretare con piena libertà del sentire. Grammaticalmente il punto segna la fine ma, in questo caso, sostituito allo spazio, diventa unione. Lo spazio tra due parole è qualcosa di molto piccolo, eppure, se mancante può cambiarne, o addirittura invertirne, il senso. “in.dolore” assume, così, un significato bivalente e intimo, che ogni visitatore scopre, o riscopre, osservando le opere.
“in dolore” è stare nella sofferenza, fisica o spirituale, nella paura che limita, che ingabbia la mente e il corpo. Ma “indolore” può anche essere l’assenza di sensibilità, il non sentire, il desiderio di non voler più soffrire.
Il valore diverso che si può attribuire al titolo dell’esposizione, apre l’inconscio dell’osservatore alla scelta, e permette una personale visione e lettura della mostra.
AC. La protagonista delle tue opere sembra essere sempre lei, l’anima, fil rouge concettuale ed elemento stilistico onnipresente, soffio vitale che s’insinua nelle tue creazioni e le permea di un sottile misticismo. Cos’è l’anima per te?
SO. Ho da sempre la convinzione che ciò che materialmente siamo, rappresenti la nostra realtà terrena, mentre penso che lo spirito, l’anima, siano qualcosa di molto più ampio, e che vada al di là, anche del tempo. Per me l’anima è il respiro vitale dell’essere, impalpabile, in costante evoluzione. L’esistenza fin dal concepimento. Il moto perpetuo che ingloba passato, presente e futuro in un unico scorrere.
AC. Osservando il tuo lavoro si avverte un profondo desiderio di tradurre il sentimento in materia, quasi una viscerale necessità interiore di ritrovarsi e di riscoprirsi nell’espressività dell’atto creativo, di scavarsi dentro e di liberarsi di un tormento che ferve e romba nel profondo. È così? L’arte è per te una catarsi del dolore?
SO. Le mie opere sono frutto di un’urgenza espressiva che non potevo più contenere. L’arte è catarsi, espiazione, grido. Attraverso l’atto creativo riconosco il dolore, provo ad affrontarlo, ne ho cura, tento di colmare il vuoto e ricucire le ferite, fino a farle diventare cicatrici, forti e inviolabili. C’è passione nel mio lavoro, ma anche tenerezza, c’è il bisogno di elaborare quei pezzetti di vita sotterrati nel profondo, mai digeriti, ancora dolorosamente presenti, protetti da strati di ossa, di pelle, di affanni e turbamenti. C’è la forza e la fragilità, il coraggio di mettere a nudo le proprie paure, per non aver più paura.
AC. Sguardi, ferite, frammenti. Sono alcune delle parole chiave che identificano la tua poetica. Ci potresti spiegare meglio?
SO. La mia indole inquieta, e una particolare sensibilità che mi permette di vedere oltre il visibile, sono punto di forza del mio lavoro e, in particolare, dei miei “frammenti”, installazioni create con parti di bisque dolls vittoriane, che raffigurano frangenti reali di un ricordo che torna presente. Sono memorie che prendono forma nella materia, presenze che restano, oltre il tempo e lo spazio, immortali come l’anima.
E poi, ci sono gli sguardi, elemento iconografico iterato dei miei disegni, l’energia che si spande dagli occhi, il magnetismo che scompone la logica, che disarma, fin quasi a confondere, e che permette al pensiero di sbocciare senza il bisogno delle parole.
AC. Progetti futuri?
SO. Sono affascinata dagli studi di Lombroso, e da un paio di anni lavoro al progetto di un percorso espositivo immersivo, sui luoghi dell’abbandono, fuori e dentro di noi. Ho, inoltre, in cantiere un progetto editoriale su alcuni scritti d’amore dedicati all’eroina shakespeariana, Ophelia.
Le opere di Silvia Ottobrini sono esposte fino all’8 novembre 2020 nella sezione Independent Curated Spaces di Paratissima, a Torino.
Foto Copyright | info: Silvia Ottobrini – silviaottobrini.com – @silvia.ottobrini