L’impatto della moda. Il poliestere e il suo inquinamento
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E’ demonizzato da molti, eppure, il poliestere continua a essere la fibra tessile più utilizzata al mondo, e non solo dai marchi di fast fashion. Aprite il vostro armadio e controllate le etichette dei vostri capi, quanti di questi contengono poliestere?
Il poliestere è un tessuto relativamente nuovo che nasce da un polimero inventato negli anni ’40 del 900, poi commercializzato su grande scala a partire dagli anni ’50. Da allora la produzione è cresciuta costantemente.
E’ un tessuto sintetico fatto con materie prime provenienti da prodotti petrolchimici il cui ingrediente principale è il PET ovvero il polietilene tereftalato.
Si stima che il poliestere rappresenti oltre la metà del mercato complessivo della produzione annuale di fibre, con oltre 57 milioni di tonnellate prodotte nel 2020 (pagina 73 del report di Textile Exchange).
Gli studi confermano un incremento costante dell’utilizzo di fibre sintetiche, non solo per l’abbigliamento ma anche per la produzione di asciugamani, tappeti, tende etc. etc.
Le fibre sintetiche sono sintetizzate a partire dal petrolio o da altre sostanze minerali e non vanno confuse con le fibre artificiali, come la viscosa, che derivano invece da materie prime naturali, come la cellulosa o la polpa del legno, trattate poi con sostanze chimiche come la soda caustica.
Dagli anni ’70 a livello globale, la produzione di fibre sintetiche è in crescita e ciò sta creando un enorme impatto derivante dall’utilizzo di combustibili fossili.
Ma ma a cosa è dovuto il successo delle fibre sintetiche?
Prima di tutto, il costo. Produrre fibre sintetiche è infatti molto più economico rispetto ad alternative naturali come cotone o lana. Il poliestere è poi una fibra durevole.
Mantiene molto bene la sua forma – si stropiccia poco – ed è di facile manutenzione.
Asciuga in fretta ed è idrorepellente. Per questi motivi il poliestere era prevalentemente utilizzato per la produzione di capi tecnici sportivi, per le imbottiture ed i pile.
Dato il suo costo contenuto, negli ultimi vent’anni, l’utilizzo di poliestere è decuplicato, passando dall’utilizzo come fibra tecnica leggera per l’abbigliamento sportivo a fibra per la “produzione di massa” di abbigliamento a basso costo. Inoltre date le sue caratteristiche, il poliestere viene, purtroppo, spesso unito a cotone, lana, etc. etc. per “migliorare” le performance di queste fibre.
I difetti tecnici del poliestere
Dal punto di vista tecnico il poliestere è poco traspirante, se non opportunamente trattato e trattenendo l’umidità porta più facilmente ad avere cattivi odori. E’ elettrostatico e per questo oltre ad attirare facilmente la polvere, non permette al corpo lo scambio naturale di elettricità con l’ambiente circostante.
Data la sua conformazione, i lavaggi frequenti possono portare alla formazione del pilling – i famosi pallini – sulla superficie dei capi fatti di questo materiale. I capi in poliestere, per quanto si tratti di una fibra durevole, risultano spesso poco resistenti e sottoposti a stress come i frequenti lavaggi possono rovinarsi compromettendone la durata.
I problemi ambientali del poliestere
Oltre alle criticità tecniche, vi sono anche i problemi ambientali, ben più gravi. Il poliestere è infatti una fibra sintetica non biodegradabile fatta di plastica che a sua volta deriva dal petrolio greggio.
E’ superfluo specificare quanto il petrolio sia una risorsa non rinnovabile e dal cui utilizzo derivi l’inquinamento irreparabile dei nostri ecosistemi e l’emissione di enormi quantità di gas serra che stanno drammaticamente contribuendo al cambiamento climatico.
Da un punto di vista di impatto di gas serra, lo studio del 2015 del Massachusetts Institute of Technology (pagina 14 del report) evidenzia come una t-shirt fatta in poliestere abbia un impatto medio sul riscaldamento globale tra i 3.8 e i 7.1 kg di CO2, contro i 4.3 kg di CO2 per una t-shirt fatta di cotone (non che il cotone non inquini è).
La maggior parte dell’impatto deriva dall’utilizzo di combustibili fossili, sia per creare la materia prima plastica alla base del poliestere sia per generare elettricità che fa funzionare i macchinari di produzione. La quantità di energia elettrica necessaria dipende poi dai processi di lavorazione necessari per creare l’effetto desiderato sul capo finale.
Le problematiche relative al poliestere non si esauriscono con la creazione dei capi.
Inquinamento da microplastiche
Le microplastiche rilasciate dai lavaggi dei tessuti sintetici sono considerate la principale causa di inquinamento dei nostri oceani. Il rilascio di microplastiche dagli indumenti sintetici è causato principalmente dalle sollecitazioni meccaniche e chimiche che i tessuti subiscono durante un processo di lavaggio in lavatrice, che portano al distacco delle microfibre dai filati.
A causa delle loro dimensioni, le microfibre rilasciate possono attraversare gli impianti di trattamento delle acque reflue e raggiungere direttamente i nostri fiumi e mari.
Secondo lo studio di alcuni scienziati italiani pubblicato su Nature, le microfibre rilasciate durante ogni lavaggio vanno da 124 a 308 mg per kg di tessuto lavato che corrisponde ad un numero di microfibre che va da 640.000 a 1.500.000. Son numeri impressionanti.
Ridurre l’impatto dell’inquinamento da poliestere
Ridurre l’impatto dell’inquinamento generato dal poliestere sta diventando sempre più necessario e urgente. Ma come?
Sempre secondo lo studio del MIT di Boston le opportunità di riduzione dell’impatto delle fibre sintetiche derivano dal passaggio a fonti di energia a basse emissioni di carbonio e aumentando la quota di poliestere proveniente da prodotti riciclati. Il poliestere riciclato, come vedremo, non rappresenta però la soluzione.
Come ridurre l’impatto della moda
Cosa possiamo fare noi, come consumatori? Come sempre, scelte consapevoli ed equilibrate.
Preferire le fibre naturali a quelle sintetiche, comprare solo quando si ha effettivo bisogno di qualcosa, prediligere capi di seconda mano per evitare l’uso eccessivo di risorse vergini, fare i lavaggi solo quando è strettamente necessario e conservare i nostri capi con quanta più cura possibile.