Come sfruttare nuove opportunità dopo una crisi

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A nessuno, o meglio, ad un numero molto limitato di persone, piace provare sentimenti di rabbia, odio, tristezza e affini, spesso conseguenti ad un’esperienza traumatica. Eppure, un discreto numero di studi in ambito psicologico afferma che, in seguito a un evento traumatico, le persone direttamente coinvolte possono superare l’accaduto in modo nettamente positivo e benefico, raggiungendo la fatidica luce in fondo al tunnel. Tra gli studi più noti citiamo il Post-Traumatic Growth Inventory (Tedeschi e Calhoun, 1996), il Benefit Finding Scale (pubblicata in più versioni, da vari autori) e quelli condotti da Prati e Pietrantoni (2006) e da Schaefer e Moos (1998).

I primi due, in particolare, rilevano i cambiamenti positivi che susseguono, fra cui un’accresciuta spiritualità e autoconsapevolezza, relazioni interpersonali più profonde, un più elevato senso di forza interiore, una nuova filosofia di vita e un maggiore apprezzamento nei confronti della propria esistenza. Si parla dunque di una crescita post-traumatica, ovvero della tendenza a riferire cambiamenti positivi a livello personale e sociale dopo aver esperito un evento dalla connotazione traumatica.

Gli aspetti che maggiormente influiscono nell’attuazione di tale crescita sono di tipo personale e ambientale: avere una spiritualità convinta, riformulare in modo positivo l’evento avverso, accettarlo, cercare sostegno nell’ambiente, nella società e nella religione. È inoltre importante che le risorse personali siano efficaci ed autosufficienti, per poter partire da sé stessi e non dall’esterno.

Siate ottimisti, abbiate fiducia in voi stessi, trovate la motivazione necessaria dentro di voi e create relazioni interpersonali che vi facciano stare bene

Schaefer e Moos, valutando le risorse personali e ambientali, ma anche la natura dell’evento traumatico (gravità, durata e momento della comparsa), individuano nel coping, ovvero ciò che un individuo fa effettivamente per affrontare una situazione dolorosa e il modo in cui si adatta emotivamente ad essa, una duplice natura. Esistono, infatti, il coping attivo (approach) e quello di evitamento (avoidance). Per coping attivo s’intendono i tentativi di analizzare il problema in maniera logica, la rielaborazione positiva, la ricerca di supporto e l’intraprendere attività allo scopo di risolvere il problema: accogliere il trauma e trovare una soluzione ad esso; il coping di evitamento, invece, riguarda i tentativi di minimizzare il problema, di concludere che niente può essere fatto, di ricercare ricompense alternative, di sfogare le emozioni: accettare passivamente il problema, lasciando che passi da sé.

I vari ricercatori, inoltre, studiano gli effetti che le diverse risorse hanno rispetto alla crescita post-traumatica. L’ottimismo influenza positivamente la valutazione dell’evento, permette di concentrarsi sugli aspetti importanti, accantonando quelli incompatibili con la realtà del trauma. La spiritualità è utile perché aiuta a dare un senso all’avvenimento e si può trarre sostegno dalla comunità di persone che condividono il medesimo credo. Il coping attivo permette di riformulare l’evento in termini positivi, definendo in questo modo la natura combattiva della persona coinvolta.

Una ricerca condotta dagli psicologi Richard Tedeschi e Lawrence Calhoun, dimostra che circa il 70% dei sopravvissuti ad un trauma ha riportato una crescita psicologica positiva. Tale crescita può essere di varia natura ma, nella maggioranza dei casi, comporta una più forte riconoscenza verso la vita, l’individuazione di nuove possibilità per la propria esistenza, relazioni interpersonali più gratificanti, una vita spirituale più ricca e un senso di forza interiore mai esperito prima. Ne risultano inoltre rafforzati altruismo ed empatia, con un maggiore interesse nell’agire a favore degli altri.

Secondo i due ricercatori, per far sì che dopo il trauma ci sia una crescita, l’evento traumatico deve necessariamente sfidare le convinzioni che la persona colpita ha sempre avuto.

Un evento psicologicamente ‘sismico’ può far vacillare, minare o ridurre in macerie molte delle strutture schematiche che hanno guidato la nostra comprensione delle cose, le nostre decisioni e il senso che diamo al mondo, ma solo in questo modo, una volta che le strutture di base dell’io sono state sconvolte, si può essere pronti per inseguire nuove (e forse più produttive) opportunità.

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Articolo di Eleonora Agnelotti

Eleonora Agnelotti

Studentessa di Terapia della Neuro e Psicomotricità con il sogno di aiutare gli altri. Le mie passioni: viaggiare, conoscere e fotografare.

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